Ci sono dei momenti nella vita nei quali le cose
intorno a noi non sembrano mai girare per il verso giusto, e ci sembra di
essere dei criceti che continuano a correre facendo girare la ruota senza mai giungere
a una destinazione. Oppure, nonostante siamo riusciti a raggiungere un
obiettivo sentiamo che ci manca qualcosa che può essere un amore, una
realizzazione, un nido da costruire senza però avere la possibilità di farlo.
Ecco perciò spuntare il miraggio della fuga, il
desiderio di andare dall'altra parte del mondo per costruirci l'identità che
non siamo riusciti a ottenere nel posto in cui viviamo, per inventarci una vita
diversa nella quale realizzare tutti i nostri desideri e nella quale trovare
ciò di cui siamo alla ricerca. Il sogno di fare quella scelta ci culla e, a
volte ci rende più piacevole il quotidiano con il quale ci confrontiamo
giornalmente, come se quel progetto non ancora delineato costituisse il nostro
unico scopo, la nostra meta finale.
Poi però ci fermiamo a guardarci intorno con
attenzione e vediamo con chiarezza tutta la rete di affetti, di conoscenze, di
abitudini che abbiamo costruito con il tempo, le piccole vittorie che nel
momento di insoddisfazione non avevamo preso in considerazione, le radici che,
pur non volendolo ammettere neanche con noi stessi, abbiamo piantato saldamente
nel terreno, e non siamo più tanto sicuri di voler rinunciare a tutto.
Perché è così difficile in alcuni momenti apprezzare
ciò che abbiamo?
Cos'è che ci fa sentire il desiderio di fuggire?
Siamo davvero sicuri di essere in grado di
rinunciare a tutto ciò che fa parte della nostra vita attuale?
Come possiamo essere certi che ricostruirci una vita
dall'altra parte del mondo non ci porti a ricadere prima o poi nelle stesse
dinamiche?
Andare via lontani per ricominciare da zero richiede
una grandissima dose di coraggio e di forza d'animo, oltre che capacità di
metterci in discussione e voglia di confrontarci con noi stessi per scoprire
quanta grinta riusciamo a tirare fuori per guadagnarci un nostro spazio in una
realtà che non conosciamo. Ma soprattutto un grande equilibrio per che ci
faccia capire con chiarezza che una scelta del genere non può essere determinata
da una fuga, da uno scappare da qualcosa o da qualcuno, bensì dovrebbe essere
un andare verso un avvenire che sentiamo più nostro rispetto a quello nel quale
sembreremmo destinati a stare.
A quel punto andare è sicuramente la scelta giusta.
Se invece desideriamo partire solo perché viviamo un
momento di disagio e pur di lasciarcelo alle spalle prenderemmo al volo la
prima occasione che ci capita, rischieremmo di trovarci soli, dall'altra parte
del mondo, con le nostre paure e insoddisfazioni e con un'enorme nostalgia per
tutti gli affetti che abbiamo lasciato, in un posto che forse non è poi così
tanto idilliaco quanto avevamo immaginato.
Forse la soluzione sta nel mettere sul piatto della
bilancia le certezze, la stabilità e il senso di sicurezza che ci danno i
luoghi che conosciamo come le nostre tasche, il calore delle persone che abbiamo
incontrato negli anni e che arricchiscono la nostra esistenza, mentre
sull'altro piatto posizionare l'incognito, il brivido eccitante della novità
dato dalla scoperta di ciò che non conosciamo ma anche il rischio di rimanerne
delusi o di comprendere che ciò di cui avevamo davvero bisogno l'avevamo già
davanti ai nostri occhi senza essere capaci di vederlo.
Perché a volte, passato il momento di
insoddisfazione, ritroviamo la voglia di combattere per ciò che desideriamo,
senza per questo dover scappare o voltare completamente pagina; perché a volte ciò
che abbiamo è ciò che abbiamo scelto di avere e soprattutto perché ciò a cui
dovremmo rinunciare è molto più importante di ciò che potremmo ottenere.
In questo caso la scelta giusta è restare.
Marta Lock
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